Capitolo 3: La Pratica Della Consapevolezza
Attento fra i disattenti,
Sveglio fra i dormienti,
Il saggio avanza
Come un veloce cavallo ne sorpassa uno malato
Nel Mahaparinibbana Sutta, la scrittura che registra gli ultimi insegnamenti del Buddha, lo stesso Buddha riassume ciò che scopri con il suo risveglio e quel che insegno` durante i suoi 45 anni come insegnante. Significativamente, egli non ci racconta un insieme di dottrine od un sistema di credenze, ma piuttosto, ci da una lista di qualità pratiche e spirituali che si sviluppano con una vita spirituale. Insegnando pratiche e non “verità”, il Buddha offri metodi per aiutarci a scoprire il nostro potenziale per una vita pacifica, compassionevole e liberata. In un certo senso, la pratica Buddista riguarda la scoperta di ciò che è più vero in ciascuno di noi nel nostro cuore e nel nostro corpo, e non ciò che le tradizioni, scritture o maestri ci riferiscono essere vero.
La meditazione profonda, o Vipassana, è uno degli insegnamenti centrali del Buddha. E’ una pratica che vive da più di 2500 anni. Al cuore della meditazione profonda c’è la pratica della consapevolezza, il coltivare di un’attenzione chiara, stabile e non fondata sul giudizio.
Se da un lato la consapevolezza può essere molto efficace nel portarci calma e chiarezza di fronte agli stress della vita quotidiana, dall’altro quello della consapevolezza è un percorso spirituale che gradualmente dissolve le barriere al completo sviluppo della nostra saggezza, compassione e libertà.
La parola Vipassana letteralmente significa “veder chiaro”. Coltivare la nostra capacità di vedere con chiarezza è la base dell’apprendimento ad essere presenti alle cose per come sono, mentre sorgono. Significa imparare ad osservare senza il filtro del giudizio, delle proiezioni o delle reazioni emotive. Significa anche sviluppare la fiducia e la forza interiore che ci permettono di restare con le cose come esse sono e non per ciò che desidereremmo che fossero. La pratica della consapevolezza non comporta il tentativo di cambiarci; è invece una pratica di vedere chiaramente chi siamo, di vedere ciò che sta succedendo mentre accade, senza interferenza. Durante questo processo, senza nemmeno provarci, possiamo trasformarci.
La consapevolezza si fonda su importanti caratteristiche relative all’attenzione: l’attenzione in sé non giudica, non resiste né si attacca a nulla. Concentrandosi semplicemente nell’essere attenti, impariamo a districarci dalle nostre abituali reazioni e cominciamo ad avere una relazione più amichevole e compassionevole con la nostra esperienza, con noi stessi e con gli altri.
In ogni caso, l’attenzione è spesso confusa con la coscienza di sé, nella quale giudichiamo ciò che stiamo sperimentando sulla base delle nostre opinioni ed immagini di noi stessi.
Ad esempio, se ci irritiamo durante una seduta di meditazione, una risposta fondata sulla coscienza di sé potrebbe essere: “Oh no! Sono ancora una volta arrabbiato! Odio me stesso per essere sempre così irritabile! “ Invece con la pratica della consapevolezza coltiviamo un’attenzione che riconosce la presenza della senza sottoporla a giudizio. Saremmo coscienti che “C’è rabbia”.
Se vediamo un bel fiore, con l’attenzione apprezziamo semplicemente il fiore, mentre una risposta fondata sulla coscienza di sé potrebbe essere: “Ecco un bel fiore, lo voglio solo per me in modo che la gente sappia che ho buon gusto ed io sia ammirato”.
Una pietra miliare della pratica Buddista e dei sui insegnamenti è un grande apprezzamento per il presente. Ciò comprende il riconoscimento del fatto che le più belle cose che incontriamo nella vita accadono solo se siamo nel momento presente. Affinché` l’amicizia, gioia, generosità, compassione ed apprezzamento della bellezza sorgano, dobbiamo concedere a noi stessi il tempo e la presenza per essere attenti.
Apprezzare il momento presente richiede imparare che a tale momento si può dare fiducia se siamo presenti per lui. Se riusciamo ad essere completamente consapevoli e non reattivi di fronte a ciò che accade nel presente, allora impareremo a rispondere appropriatamente.
Avere capacità di apprezzamento e fiducia non sempre è facile. Parte della pratica Buddista è scoprire cosa ci impedisce di aver fiducia e di apprezzare il momento presente. Qual’è la nostra vera frustrazione, cos’è la nostra resistenza, la nostra sofferenza, la nostra mancanza di fiducia? Quando questi fattori sono all’opera, il compito della consapevolezza consiste nel riconoscerli con chiarezza e nel sostenerli senza giudizio con la nostra attenzione.
Gli insegnamenti Buddisti suggeriscono che quando troviamo ciò che ci trattiene dall’apprezzare il presente, ciò che ci impedisce di avere fiducia, ciò che veramente causa la nostra sofferenza, tale scoperta diviene la porta alla libertà, al risveglio. Impariamo a vivere con apertura e fiducia invece che sulla base di una immagine di sé e l’eccesso di autocritica, avversione ed orgoglio che tale immagine porta con sé. Nella pratica della consapevolezza, niente della nostra umanità viene negato. Stiamo scoprendo una via alla presenza a tutto, la nostra piena umanità, in modo che tutto possa divenire la porta verso la libertà e la compassione verso noi stessi.